Testo della predicazione tenuta dal past. Ciaccio, domenica 8 maggio 2016, per il Culto dell’Ascensione, in occasione della partecipazione dell’arcivescovo cattolico di Palermo Corrado Lorefice.
Quanto agli undici discepoli, essi andarono in Galilea sul monte che Gesù aveva loro designato. E, vedutolo, l’adorarono; alcuni però dubitarono. E Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente». (Matteo 28, 16-20)
«Dividiamoci». Se, come mi auguro, voi che mi ascoltate avete una certa familiarità con i film, sapete che ci sono delle storie in cui a un certo punto i personaggi si guardano negli occhi e si dicono: «Dividiamoci». E sapete che di solito, finisce male. È una situazione ricorrente in un genere particolare di cinema: l’horror. I personaggi si dividono ed è più facile per il cattivo di turno prenderli e farli fuori. La battuta «Dividiamoci» in un film è in grado di farci sobbalzare sulla sedia, perché sappiamo che finirà male, pur sperando che finirà diversamente da come ci aspettiamo.
Per secoli i cristiani hanno fatto esattamente come i personaggi dei film dell’orrore: si sono divisi e non sempre le cose sono andate bene, per usare un eufemismo. Non è un caso che i film dell’orrore traggano a volte ispirazione dagli aspetti più bui della storia cristiana.
Oggi, però, noi siamo insieme e celebriamo insieme l’Ascensione di Cristo, con un profondo senso di gratitudine, perché noi siamo sopravvissuti al «Dividiamoci». Per molti è andata male, ma a noi è andata bene. Noi oggi ci ritroviamo insieme e sappiamo che di solito i sopravvissuti sono pochi rispetto a quelli che non sono sopravvissuti.
Oggi noi siamo grati al Signore perché, come i suoi discepoli alla fine del vangelo di Matteo, siamo riuniti intorno alla sua Parola, siamo insieme e insieme possiamo ascoltarlo, contemplare la sua ascesa al Padre, attendere il suo ritorno. Noi, però, non cominciamo da capo. Una delle ultime canzoni di John Lennon, che faceva seguito a un periodo in cui si era separato dalla moglie Yoko e in cui era stato in preda alle droghe, si intitolava: (Just Like) Starting Over, cioè “Proprio come ricominciare da capo”, dove il “Proprio come” era messo tra parentesi.
Cosa voglio dire: noi non siamo proprio lì con i discepoli a salutare il Signore che ascende al cielo. Noi siamo chiese e lo Spirito Santo vive nelle nostre chiese, ci guida, ci sostiene. Non stiamo dunque semplicemente ricominciando da capo. Le ferite, gli errori, le cicatrici restano, proprio come in una coppia che si ritrova dopo essersi separata. Guai a dimenticare la nostra storia, le nostre storie: rischieremmo di ricadere negli stessi errori e sarebbe un rapporto meno adulto e nuovamente doloroso.
Insomma, è proprio come ricominciare da capo, e per ricominciare da capo, per rivedere la nostra relazione, torniamo con la memoria a quel giorno, in cui tutti i discepoli di Gesù erano sull’altura.
È il terzo monte del Vangelo di Matteo, che inizia con le Beatitudini, proclamate da un monte, e continua con il Golgota, il monte della Croce, e si conclude con il monte dell’Ascensione.
Quel giorno i discepoli ascoltarono le ultime parole di Gesù sulla terra. I discepoli erano diversi e diversificati. Gesù aveva scelto le persone più disparate: ricchi, poveri, colti, ignoranti, impiegati delle tasse e pescatori, uomini, donne e, probabilmente, tra loro c’era chi era più conservatore e chi più progressista, per usare delle categorie a noi contemporanee. Gesù non annulla le diversità: Gesù ha bisogno delle diversità. Gesù elimina i motivi di divisione tra i suoi discepoli: “Siete diversi? E allora? Seguitemi”.
Ascoltiamo di nuovo le ultime parole di Gesù e cerchiamo di ricominciare da capo. Del resto, è quello che facciamo ogni volta che riascoltiamo un versetto, che già conoscevamo e che abbiamo disatteso.
«Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente»
Andate. Non fermatevi qui. Non fermatevi a guardare il Signore che sale in cielo. Andate.
Fate miei discepoli. Fate come me, chiamate le persone a seguire Cristo. Chiamatele se li ritenete peccatori. Chiamatele se li ritenete santi. Chiamatele senza distinzione. Chiamatele diverse, proprio come faceva Gesù.
Battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Non dimenticate nel nome di chi fate le cose. Non siete la chiesa di Pietro, non siete la chiesa di Paolo, non siete la chiesa di Lutero: siete la chiesa del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. A loro sia la gloria, non a te.
Insegnando loro tutte quante le cose che vi ho comandate. Eh, siamo bravi a insegnare. Siamo bravi a parlare. Il più ignorante dei nostri predicatori è più colto di quanto non lo fosse il pescatore Pietro. Ma Gesù non insegnava solo a parole. Gesù operava. Predicava con parole e opere. A questo stile di insegnamento siamo chiamati.
Cosa vi ho detto di nuovo? Niente. È la solita vecchia storia, come diceva il canto spiritual: Tell me the Old Old Story, “Raccontami la solita vecchia storia”, voglio riascoltarla di nuovo, voglio riascoltarla da capo.
Quello che cambia è che oggi siamo insieme e possiamo provare a ricominciare da capo. Oggi siamo insieme. Ma perché siamo insieme? L’ultima frase di Gesù è «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente». Siamo insieme perché Gesù è salito al Padre, ma non ci ha abbandonato. Non è una frase detta così: è vera consolazione, è vera speranza e noi oggi abbiamo un segno che la promessa di Gesù non è vana. È Gesù che ci ha radunati, dopo averci accompagnato nei nostri cammini separati. Gesù ci ha riuniti.
E ora andiamo. Andiamo insieme.
Amen.
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Bravo Peter.
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