Breve predicazione a cura del pastore Peter Ciaccio per la Domenica delle Palme, sul testo di Isaia 50,4-9. Questa domenica non erano presenti solo i membri della chiesa di Palermo, ma anche i membri dell’Assemblea del XVI Circuito delle Chiese valdesi e metodiste (Chiese di Trapani-Marsala, Palermo-Noce e Via Spezio, Riesi e diaspora, Catania, Pachino, Scicli e diaspora e rappresentanti delle varie opere diaconali), che si è riunita al termine del culto.
Il Signore, Dio, mi ha dato una lingua pronta, perché io sappia aiutare con la parola chi è stanco. Egli risveglia, ogni mattina, risveglia il mio orecchio, perché io ascolti, come ascoltano i discepoli. Il Signore, Dio, mi ha aperto l’orecchio e io non sono stato ribelle, non mi sono tirato indietro. Io ho presentato il mio dorso a chi mi percoteva, e le mie guance a chi mi strappava la barba; io non ho nascosto il mio vòlto agli insulti e agli sputi.
Ma il Signore, Dio, mi ha soccorso; perciò non sono stato abbattuto; perciò ho reso la mia faccia dura come la pietra e so che non sarò deluso. Vicino è colui che mi giustifica; chi mi potrà accusare? Mettiamoci a confronto! Chi è il mio avversario? Mi venga vicino! Il Signore, Dio, mi verrà in aiuto; chi è colui che mi condannerà? Ecco, tutti costoro diventeranno logori come un vestito, la tignola li roderà [Isaia 50,4-9].
La lingua pronta, in grado di aiutare chi è stanco. L’orecchio attento. La sintonia tra la volontà di Dio e la propria. Il coraggio e la forza non solo di opporre la propria posizione al pensiero corrente, ma di incarnare quella posizione, di fare in modo che il proprio corpo sia segno vivente di questa posizione. Il corpo che per questo motivo è deriso, vilipeso, abbattuto. La certezza della presenza di Dio al proprio fianco. La certezza che il Signore riscatterà il male che ho subito per la sua causa.
È il profeta Isaia che parla, ma non stupisce che questo testo sia uno dei testi tipici della Domenica delle Palme e che oggi sia stato scelto da “Un giorno una parola” come testo della predicazione. Infatti, le parole con cui il profeta descrive il proprio ministero calzano a pennello con la persona di Gesù, con il Cristo che entra in Gerusalemme, per essere prima osannato, poi disprezzato e infine seviziato e ucciso.
Le parole del profeta applicate a Gesù ci fanno capire l’enormità dell’evento. Il Dio Figlio, l’incarnazione di Dio che si impone a chi ne sfida la volontà tutti i giorni. «Chi è il mio avversario? Mi venga vicino». Parole toste, parole dure, parole che sfiorerebbero l’arroganza se non fossero parole che portano in sé la potenza dello Spirito di Dio.
Dov’è il confine tra coraggio e arroganza? Leggendo queste parole mi è venuta in mente una persona, che non era un cristiano e che era un personaggio controverso: il pugile Muhammad Ali. Veniva dai bassifondi, dai margini e ne uscì a botte. Voleva essere il più forte, ma non gli bastava. Doveva dirlo, affermarlo: « Io sono il più forte, io sono il più grande», diceva. Portò avanti le istanze delle persone come lui, afroamericani, liberi da appena due o tre generazioni, costretti ancora nella segregazione in buona parte degli Stati Uniti. «Io sono il più forte».
Perché cito Muhammad Ali? Perché a molti dava fastidio. Ma perché non ti limiti a vincere sul ring? Ma perché devi parlare? Ma perché ti devi impicciare di politica? Ma perché devi rendere pubblica la tua conversione all’Islam? Ma perché non ti tieni quel ruolo che la società è pronta a riconoscerti? Tutti noi pagheremmo per avere questo ruolo, e tu vuoi di più, non ti accontenti?
No. La risposta è no. Il coraggio di questo uomo sportivo, di una persona che non condivideva la nostra fede, scandalizzato dall’ipocrisia dei nostri fratelli nella fede, ricorda il coraggio del profeta e il coraggio di Cristo. La società si sarebbe messa volentieri d’accordo con il profeta Isaia e con Gesù. Come si dice oggi, sicuramente erano riconosciuti come “risorse”.
Ma la società voleva addomesticarli, ammansirli, ridimensionarli, inglobarli. E questo non è possibile con la Parola di Dio, né che ispiri un profeta tantomeno se è incarnata nel Figlio di Dio.
Qui è la sfida del profeta e la sfida di Gesù che entra in Gerusalemme da Messia: la sfida di Dio. È Dio che sfida, è Dio che dice «Io sono il più forte, io sono il più grande», è Dio che dice «Chi è il mio avversario? Mi venga vicino».
Evidenziato il ponte tra le parole di Isaia e la realtà di Cristo, però, ci rimane un altro ponte da evidenziare, ammesso e non concesso che esista: il ponte tra la realtà del profeta e di Cristo e la nostra realtà, quella di cristiani e di chiese del XXI secolo.
Possiamo in coscienza dire quello che diceva Isaia? Possiamo affermare di avere (e ripeto): La lingua pronta in grado di aiutare chi è stanco. L’orecchio attento. La sintonia tra la volontà di Dio e la propria. Il coraggio e la forza non solo di opporre la propria posizione al pensiero corrente, ma di incarnare quella posizione, di fare in modo che il proprio corpo sia segno vivente di questa posizione. Il corpo che per questo motivo è deriso, vilipeso, abbattuto. La certezza della presenza di Dio al proprio fianco. La certezza che il Signore riscatterà il male che ho subito per la sua causa.
Possiamo affermarlo?
Non voglio e forse non posso dare una risposta esaustiva in questo momento. Potrebbe essere autoassolutoria, potrebbe essere autoflagellante, e credo che autoassolutorio e autoflagellante siano due atteggiamenti paradossalmente molto simili tra loro.
Però credo che su queste parole dobbiamo riflettere, nelle nostre vite e nelle nostre chiese, sia in questa Settimana Santa che comincia oggi sia nelle nostre Assemblee, a partire dall’Assemblea di Circuito che ospitiamo questa domenica. La nostra speranza è che un giorno il Signore ci incontrerà e ci dirà che abbiamo avuto la lingua, l’orecchio, il corpo, il coraggio, la fiducia, al servizio suo e del prossimo o, in una parola, che abbiamo avuto amore.
Amen.
[Al nostro pastore è stata richiesta una riflessione sulle Palme anche dal settimanale Riforma, che potete trovare a questo link: https://riforma.it/articolo/2018/03/23/le-palme-un-portale-spazio-temporale]