Tito 3, 4-7
Oggi celebriamo il giorno in cui si sono manifestati la bontà e l’amore di Dio per gli uomini e le donne. In quel giorno, tutti i giorni sono stati santificati, tutti i giorni sono stati benedetti. Come molti già sanno, probabilmente Gesù non nacque di 25 dicembre, ma addirittura in un’altra stagione. Gli imperatori romani non erano particolarmente “buoni”, se mi passate il termine, ma difficilmente avrebbero bandito un censimento d’inverno. Sappiamo anche che la collocazione del Natale vicino al solstizio d’inverno è legata alla sostituzione cristiana della festa pagana della rinascita del sole.
Ma cosa importa a noi se Cristo sia nato il 25 dicembre o in un’altra data? Quello che a noi importa è che la bontà e l’amore di Dio per gli uomini e le donne si sono manifestati. E che si sono manifestati in un giorno particolare, non un giorno che già aveva un nome nel nostro calendario, ma in un giorno nuovo, talmente nuovo che non sappiamo collocarlo con precisione. Tuttavia è stato un momento talmente importante che i nostri antenati hanno dovuto attribuirgli una data specifica, perché almeno un giorno durante l’anno dobbiamo dedicarlo a celebrare la bontà e l’amore di Dio che si sono manifestati per noi.
Purtroppo il nostro peccato fa in modo che abbiamo tradotto questa attenzione in una data specifica con “a Natale dobbiamo essere più buoni” o peggio “a Natale dobbiamo essere buoni”, sottintendendo che il resto dell’anno possiamo anche non esserlo. Ma lasciamo perdere quello che facciamo noi, perché oggi non parliamo del nostro peccato, ma della misericordia di Dio.
Oggi ci prendiamo un giorno, almeno un giorno per prendere coscienza della misericordia di Dio, una misericordia che non è affidata a una chiesa particolare, ma che è rivolta a tutta l’umanità. Dio sceglie la maniera più totale di mostrarci il suo amore: incarnandosi in un bambino, il più fragile e precario degli esseri umani. Colui che non è nato, che è sempre stato, sceglie di nascere. Sceglie di confrontarsi con la nostra fragilità, con i bisogni più elementari e materiali di un essere umano, con la voglia di vivere che in noi è tanto più forte quanto abbiamo consapevolezza dell’inesorabilità della morte. Nascere è un rischio: Dio corre questo rischio. Perché? Perché ci ama.
E cosa comporta questo amore? Dio non vive l’esperienza di umanità nella carne solo perché vuole sapere in maniera ancora più intensa com’è la sua creatura. Non è curiosità la sua. Dio vive l’umanità perché vuole che noi possiamo condividere la sua dimensione. Nella lettera a Tito leggiamo: “Egli ci ha salvati per la sua misericordia, mediante il bagno della rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo”. Dio nasce uomo in Gesù e in virtù di questo, gli esseri umani si rigenerano, diventano qualcos’altro, diventano nuove creature, diverse da quel che siamo.
Il bagno della rigenerazione: questo simboleggia il battesimo. Il rinnovamento dello Spirito Santo: questo simboleggia la Cena del Signore. Siamo rigenerati, diventiamo qualcosa di nuovo. Tra poco condivideremo la Cena del Signore. Noi non crediamo che il pane e il vino si trasformino in corpo e sangue di Cristo, però crediamo che la comunità riunita intorno alla mensa del Signore si trasformi in corpo di Cristo. A volte c’è chi pensa che per noi non succede nulla quando condividiamo il pane e il vino, c’è chi una volta ha definito la nostra celebrazione della Cena una merenda, un picnic. In Cristo noi siamo rigenerati. «Ecco, io faccio tutte le cose nuove», dice Gesù. E tra queste cose, ci siamo noi, ognuno e ognuna di noi.
Amati nonostante le nostre opere, giustificati dalla grazia di Dio, rigenerati a vita nuova: il Natale non è, come vedete, semplicemente il compleanno ufficiale di Gesù, ma è il momento in cui riflettiamo in particolare su tutte queste cose, su questa nuova realtà che, in Cristo, ci appartiene.
Nel Natale, dice sempre la lettera a Tito, “diventiamo eredi, in speranza, della vita eterna”. Nel Natale ci viene donata la speranza, un futuro preparato per noi da Dio, una prospettiva nuova. Se Dio, nascendo, rischia la morte, a noi mortali dona la vita eterna. Qual dono migliore, qual dono più inaspettato, gradito, bello, potevamo noi ricevere? E tutto questo in un bambino, nato in una mangiatoia, perché non c’era un luogo decente dove accogliere la madre incinta. Un bambino che rende decente quella mangiatoia e che, allo stesso tempo, rende degna di essere al cospetto di Dio questa nostra umanità.
Buon Natale.
Amen